Pensare un welfare abitativo: alla ricerca di politiche ‘più sociali’
Lungo l’intera storia delle politiche – ovunque e non solo in Italia (ma in Italia in modo marcato) le politiche abitative sociali sono state ‘poco sociali’: hanno manifestato una tendenza costante ad estendere le misure sociali verso l’alto, privilegiando le domande ‘normali’ e le situazioni intermedie, penalizzando la domanda povera ed escludendo dai benefici delle politiche le componenti povere o marginali. Quando si sono rivolte alla povertà, soprattutto alla povertà estrema, le politiche hanno offerto soluzioni inadeguate e improprie: assistenziali e ‘specialistiche’ – cattiva qualità delle sistemazioni, strutture e percorsi separati dal corpo principale delle politiche. Per i poveri – per le situazioni di maggiore disagio o di urgenza o di marginalità socio-abitativa – le politiche sociali consolidate, normali, generali (pensate con in mente l’insieme della popolazione in situazioni di bisogno) possono non funzionare. Per i poveri, per le situazioni di marginalità socio-abitativa in particolare, ci vuole un supplemento di socialità, uno sforzo supplementare: adattamenti delle politiche generali (indirizzandole verso target sociali più precisi e rendendole coerenti con i bisogni di queste popolazioni); e misure ad hoc, rivolte specificamente ai più poveri.
La ricerca di politiche ‘più sociali’ apre però una serie di problemi. Come nelle vecchie politiche assistenziali, le misure mirate sono esposti al rischio di riduttività: soluzioni minori, prive di adeguato valore abitativo. Occorre allora trovare i criteri perché queste misure siano accettabili. L’esperienza europea di questi decenni offre diversi esempi e conferma che questo tipo di politiche è possibile, mostrando quali sono le condizioni che le rendono plausibili.
L’innovazione delle politiche, nell’attuale congiuntura storica, incontra però limiti e difficoltà strutturali. Le difficoltà d derivano da due ragioni: la comparsa di nuove forme, anche estreme, di povertà abitativa; e la natura delle misure sociali adottate. Con la crescita della povertà ha preso forma un nuovo quadro della marginalità sociale, e la grande povertà abitati vane è una componente fondamentale. Esito certamente dei fattori strutturali che ordinano il funzionamento delle società neoliberali. Ma, se immaginiamo che vi sia uno spazio per le politiche sociali e abitative dobbiamo interrogarci sul loro ruolo e sui loro limiti. Le politiche abitative in Italia (la possibilità’ di costruire in Italia un sistema di welfare abitativo), le politiche di contrasto della homelessness, le politiche rivolte all’area dell’immigrazione sono campi di grande interesse per questa discussione.Lungo l’intera storia delle politiche – ovunque e non solo in Italia (ma in Italia in modo marcato) le politiche abitative sociali sono state ‘poco sociali’: hanno manifestato una tendenza costante ad estendere le misure sociali verso l’alto, privilegiando le domande ‘normali’ e le situazioni intermedie, penalizzando la domanda povera ed escludendo dai benefici delle politiche le componenti povere o marginali. Quando si sono rivolte alla povertà, soprattutto alla povertà estrema, le politiche hanno offerto soluzioni inadeguate e improprie: assistenziali e ‘specialistiche’ – cattiva qualità delle sistemazioni, strutture e percorsi separati dal corpo principale delle politiche.
Per i poveri – per le situazioni di maggiore disagio o di urgenza o di marginalità socio-abitativa – le politiche sociali consolidate, normali, generali (pensate con in mente l’insieme della popolazione in situazioni di bisogno) possono non funzionare. Per i poveri, per le situazioni di marginalità socio-abitativa in particolare, ci vuole un supplemento di socialità, uno sforzo supplementare: adattamenti delle politiche generali (indirizzandole verso target sociali più precisi e rendendole coerenti con i bisogni di queste popolazioni); e misure ad hoc, rivolte specificamente ai più poveri.
La ricerca di politiche ‘più sociali’ apre però una serie di problemi. Come nelle vecchie
politiche assistenziali, le misure mirate sono esposti al rischio di riduttività: soluzioni minori, prive di adeguato valore abitativo. Occorre allora trovare i criteri perché queste misure siano accettabili. L’esperienza europea di questi decenni offre diversi esempi e conferma che questo tipo di politiche è possibile, mostrando quali sono le condizioni che le rendono plausibili.
L’innovazione delle politiche, nell’attuale congiuntura storica, incontra però limiti e difficoltà strutturali. Le difficoltà d derivano da due ragioni: la comparsa di nuove forme, anche estreme, di povertà abitativa; e la natura delle misure sociali adottate. Con la crescita della povertà ha preso forma un nuovo quadro della marginalità sociale, e la grande povertà abitativa ne è una componente fondamentale. Esito certamente dei fattori strutturali che ordinano il funzionamento delle società neoliberali. Ma, se immaginiamo che vi sia uno spazio per le politiche sociali e abitative dobbiamo interrogarci sul loro ruolo e sui loro limiti. Le politiche abitative in Italia (la possibilità’ di costruire in Italia un sistema di welfare abitativo), le politiche di contrasto della homelessness, le politiche rivolte all’area dell’immigrazione sono campi di grande interesse per questa discussione.